Altro profilo di notevole innovazione attiene anche alla formazione del preposto che si correla al quadro dei rafforzati obblighi antinfortunistici che la legge 215 del 2021 prevede a suo carico. Anche in questo caso il legislatore interviene sul comma 7 stabilendo che i dirigenti e i preposti debbano ricevere “un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, secondo quanto previsto dall’accordo di cui al comma 2, secondo periodo”, rinviando dunque gli aspetti di disciplina alle determinazioni della Conferenza. Inoltre, in relazione alla figura del preposto, il nuovo comma 7-ter stabilisce che:
“per assicurare l’adeguatezza e la specificità della formazione nonché l’aggiornamento periodico dei preposti ai sensi del comma 7, le relative attività formative devono essere svolte interamente con modalità in presenza e devono essere ripetute con cadenza almeno biennale e comunque ogni qualvolta sia reso necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi”
Anche in relazione a tali obblighi sono sorti alcuni interrogativi ai quali la circolare dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro n.1 del 2022 ha dato risposta. In primo luogo, ci si è domandati quale sia il regime degli obblighi informativi che deve essere osservato nelle more dell’accordo da adottarsi, come detto, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Nelle more della sua approvazione, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro chiarisce che non viene meno l’obbligo formativo e che continuano ad operare le disposizioni dell’accordo vigente n. 221 del 21 dicembre 2011 adottato ai sensi del comma 2 dell’art. 37 del d.lgs. 81/2008 non interessato dalla novella del 2021.
In secondo luogo, sorge l’interrogativo in ordine al contenuto e al parametro di valutazione della nozione di “adeguatezza” e “specificità” che devono conformare la formazione del preposto. L’Ispettorato ha chiarito che tali requisiti attengono ai contenuti della formazione i cui profili di dettaglio saranno definiti con l’accordo che sarà assunto dalla Conferenza entro il prossimo 30 giugno. Lo si deduce dal combinato disposto dei commi 2 e 7 dell’art. 37 d.lgs. 81 del 2008. Il comma 7, infatti, nel prevedere la necessità di una formazione adeguata e specifica, rinvia al secondo periodo del comma 2 il quale fa espresso riferimento alle determinazioni assunte dalla Conferenza. Se, dunque, occorre attendere la suddetta disciplina per conferire ai parametri della formazione un contenuto applicativo, occorrerà altresì far riferimento ad un periodo transitorio nel quale si offre la possibilità di conformarsi alle nuove prescrizioni, così come già disciplinato al paragrafo 10 dell’accordo n. 211 del 21 dicembre 2011 rubricato, appunto “Disposizioni transitorie”. Da questo quadro consegue altresì che le nuove modalità formative “non potranno costituire elementi utili ai fini dell’adozione del provvedimento di prescrizione ai sensi del d.lgs. n. 758 del 1994”.
L’obbligo di addestramento
L’anelito del legislatore ad un potenziamento della sicurezza attraverso una formazione dai contenuti più pregnanti trova il suo precipitato altresì in un potenziamento dei profili relativi all’addestramento. Anche in questo caso è la legge di conversione del D.L. 146/2021 a prevedere un profilo di sostanziale integrazione del dettato del comma 5 dell’art. 37 del Testo Unico. Ivi infatti, alla previsione secondo la quale l’addestramento deve essere effettuato “da persona esperta e sul luogo di lavoro” si è aggiunto che “l’addestramento consiste nella prova pratica, per l’uso corretto e in sicurezza delle attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale; l’addestramento consiste, inoltre, nell’esercitazione applicata, per le procedure di lavoro in sicurezza. Gli interventi di addestramento effettuati devono essere tracciati in apposito registro anche informatizzato” Si tratta qui di comprendere se tali profili, che positivizzano nel dettato legislativo i contenuti e le modalità dell’addestramento, possano costituire obbligo sin dal 21 dicembre 2021, data dall’entrata in vigore della legge n. 215 del 2021. In questo caso l’Ispettorato ha adottato un’interpretazione particolarmente stingente del precetto, ritenendo che tali contenuti debbano trovare immediata applicazione anche con riferimento alla necessità della “prova pratica” e/o dell’“esercitazione applicata”, che dovrà pertanto essere oggetto di tracciamento in un “apposito registro informatizzato”. I motivi che sorreggono una simile cogenza possono rinvenirsi nel tenore dello stesso dettato normativo. Il legislatore interviene, infatti, specificando aspetti modali di piena realizzabilità i quali sembrano collocarsi nel solco di procedure già avviate. Non sarebbe pertanto plausibile una critica che tacciasse di inesigibilità l’assunzione immediata di tali obblighi i quali rientrano in un quadro di attuabilità che non richiede periodi di latenza.
La sospensione per gravi violazioni antinfortunistiche
Le precisazioni offerte dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro nella circolare oggetto di questo commento risultano di particolare interesse anche con riferimento alla latitudine applicativa del procedimento di sospensione previsto dal nuovo art. 14 del d.lgs. 81/2008 il quale:
conferisce agli ispettori l’obbligo di sospendere l’attività lavorativa nel caso in cui riscontrino violazioni gravi ancorché non reiterate;
associa alla sospensione il divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione e con le stazioni appaltanti durante tutto il periodo di sospensione;
stabilisce la revoca della sospensione nel caso in cui vengano rimosse le conseguenze pericolose legate alle gravi violazioni purché si sia provveduto al pagamento di una somma aggiuntiva;
infine, non consente il ricorso contro il provvedimento di sospensione per gravi violazioni in materia di sicurezza sul lavoro.
Fra le violazioni di ordine generale, la n. 3, prevista dall’Allegato I, si identifica proprio con la “mancata formazione ed addestramento”. Giova qui ricordare come formazione ed addestramento costituiscano due aspetti naturalmente diversi, l’uno previsto dall’art. 2, comma 1, lettera aa) e l’altro dall’art. 2, comma 1, lettera cc). L’art. 37, comma 4, precisa in quali occasioni debba aver luogo “la formazione e ove previsto l’addestramento”. Dunque, se normalmente essi costituiscono due profili disgiunti, solo ove previsto dovranno essere erogati entrambi3. Il caso è certamente quello della violazione in esame in relazione alla quale l’uso della congiuntiva e impone una interpretazione restrittiva della violazione la quale ricorrerebbe soltanto dove manchi tanto la formazione quanto l’addestramento. Come autorevolmente sostenuto, la fattispecie delineata dalla violazione n. 3 potrebbe integrarsi nei casi di:
Formazione non effettiva;
Omesso controllo sulla formazione;
Formazione non preventiva;
Formazione non continuativa;
Mancata formazione su ruschi specifici, eccezionali, collaterali;
Mancata formazione del lavoratore esperto;
Sostituzione della formazione con cartelli e divieti.
Da questa previsione sarebbe esclusa la formazione dei dirigenti e dei preposti giacché non solo l’addestramento riguarda i soli lavoratori ma, altresì, è il dato letterale del punto n. 3 dell’Allegato a parlare di una somma aggiuntiva di euro 300,00 “per ciascun lavoratore interessato”.
Fonte: Articolo a cura di Avv. Cecilia Valbonesi (Avvocato del foro di Firenze) epc.it
Molte delle novità apportate dalla recente “riforma” delle disposizioni del D.Lgs. 81/08 hanno una ricaduta rilevante nelle realtà dei cantieri temporanei o mobili. L’articolo, analizzando le direttrici del provvedimento, ne mette in luce gli aspetti salienti.
Nell’ambito della riforma del fisco e finanza il Parlamento italiano ha apportato, a fine anno scorso, importanti modifiche al D. Lgs. 81/08, che hanno un impatto importante anche sul fronte dei cantieri edili e infrastrutturali. La maggior parte delle norme sono già entrate in vigore il 21 dicembre 2021 ed altre ancora, come quelle sulla formazione, lo saranno a partire dall’emanazione di uno specifico Accordo Stato Regioni, da emanarsi entro 30 giugno 2022. In sintesi, le direttrici del provvedimento, nato sulla spinta emotiva dei gravi avvenimenti infortunistici avvenuti nel corso dell’ultimo anno, possono essere così tracciate (Figura 1):
Figura 1 – Punti di rafforzamento del D.Lgs. 81/08.
obbligo di formazione in materia di salute e sicurezza nel lavoro per i datori di lavoro;
obbligo di individuazione dei preposti, formazione periodica più stringente e rafforzamento dei loro compiti prevenzionistici;
obbligo di comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio dell’utilizzo dei cosiddetti “lavoratori autonomi occasionali”;
nuove regole per la sospensione dell’attività imprenditoriale per lavoro irregolare o per gravi violazioni alle norme di salute e sicurezza;
norme più puntuali sulla formazione dei lavoratori ed obbligo di tracciamento dell’addestramento;
allargamento delle funzioni ispettive da parte dell’Ispettorato nazionale del lavoro;
conferma delle funzioni di vigilanza delle ASL; regole più stringenti per gli Organismi paritetici.
Come si diceva in precedenza, molti di questi punti di rafforzamento delle disposizioni del D.Lgs. 81/08 hanno una ricaduta importante nella realtà dei cantieri temporanei o mobili. Analizziamone gli aspetti salienti.
Datore di lavoro
È risaputo che per diventare imprenditori edili non serve possedere particolari requisiti. La grande maggioranza delle aziende del settore risultano essere di piccole dimensioni e scarsamente strutturate. Molte sono a società di capitale. Oltre il 40% hanno iniziato l’attività edile non avendo precedenti esperienze imprenditoriali nel settore. Solo nell’ultimo anno, secondo l’ISTAT, il numero di imprese edili è cresciuto del 14,6% (saldo tra imprese aperte e chiuse). Sempre secondo l’ISTAT,
“l’elevato numero di nuove iscrizioni potrebbe nascondere un rischio legato all’attività dei c.d. free riders, cioè imprese che si costituiscono ex novo per sfruttare la spinta degli incentivi statali per le ristrutturazioni finanziate con il Superbonus. Se così fosse bisognerebbe agire per limitare questo rischio che si riflette sulla qualità e sulla sicurezza dei lavori svolti”.
Ben venga allora l’obbligo di formazione adeguata e specifica − sia iniziale, sia periodica − del datore di lavoro delle imprese edili.
Preposto
Il primo aspetto di rilievo riguarda la modifica all’art. 18 del D.Lgs. 81/08 con l’introduzione dell’obbligo di individuazione del preposto da parte del datore di lavoro e del dirigente. L’obbligo in questione sembra essere opportuno al fine di definire in maniera più appropriata e puntuale “chi fa che cosa” all’interno delle aziende. Sino ad oggi, frequentemente il preposto è stato individuato ex post, cioè a seguito dell’accertamento di responsabilità ai sensi dell’articolo 299, sul principio di effettività, del D.Lgs. 81/08. Ora, invece, l’obbligo va considerato come un’occasione offerta al datore di lavoro di fare ordine nel proprio organigramma aziendale, in modo da garantire in maniera più strutturata la vigilanza sul rispetto di norme in materiali di salute e sicurezza, regole e comportamenti da parte dei propri lavoratori. Questo obbligo è ritenuto talmente importante dal legislatore che nelle attività in appalto/subappalto all’interno delle aziende, di cui all’art. 26 del D.Lgs. 81/08, è stabilito che i nominativi dei preposti siano indicati al datore di lavoro committente. Con riferimento ai cantieri, i preposti vanno ricercati in ogni squadra di lavoro, composta da almeno due lavoratori, nel soggetto che normalmente sovraintende il lavoro. Costui, pertanto, dovrà essere
L’obbligo di individuazione dei preposti da parte dei datori di lavoro è quantomeno opportuno per chiarire “chi fa che cosa” nell’ambito dell’azienda.
individuato come preposto dal proprio datore di lavoro. Di conseguenza, nel piano operativo di sicurezza sarebbe opportuno indicare oltre al Direttore tecnico di cantiere, figura dirigenziale, e al capo cantiere (figura ibrida, vista più come un preposto dei proposti), come richiesto dall’allegato XV del D.Lgs. 81/08, anche i preposti di ogni singola squadra di lavoro. A riguardo, è stato posto il problema delle difficoltà da parte delle micro-aziende nell’adempiere a tale obbligo. Lì dove in base alla dimensione aziendale il datore di lavoro sovraintende personalmente, per tutta la durata del lavoro, le attività di cantiere, si presume che egli stesso possa sostituire la figura del preposto. Se tale condizione però non può realizzarsi, è necessario che provveda a individuare il preposto, salvo che il lavoro è eseguito da un solo lavoratore. Ciò rende chiaro l’idea che il preposto non è una figura in più di cui si debba dotare l’azienda, ma è un lavoratore, presumibilmente un operaio specializzato, che oltre alla propria attività lavorativa è chiamato a svolgere i compiti, vecchi e nuovi, disposti dal D.Lgs. 81/08 per tale figura. Relativamente ai compiti, ai vecchi obblighi ne sono stati aggiunti altri derivati − così gli esperti asseriscono − dai pronunciamenti giurisprudenziali. L’impressione è che si voglia investire di grandi responsabilità, forse oltre la loro reale capacità, lavoratori che hanno “la fortuna” di sovraintendere altri lavoratori durante il lavoro. Rammento che i vecchi obblighi erano di sovrintendere e vigilare:
sul rispetto degli obblighi di legge in materia di salute e sicurezza dei lavoratori;
sul rispetto delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza dei lavoratori;
sul rispetto dell’uso corretto dei dispositivi di protezione individuale da parte dei lavoratori.
Mentre i nuovi obblighi, che si aggiungono ai vecchi, sono i seguenti:
obbligo di intervento per modificare il comportamento non conforme dei lavoratori, fornendo le necessarie informazioni di sicurezza;
obbligo di interrompere l’attività dei lavoratori e di informare i diretti superiori in caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza delle inosservanze;
obbligo, in caso di deficienza di mezzi e attrezzature di lavoro e di ogni condizione di pericolo rilevata, di interrompere temporaneamente, se necessario, l’attività dei lavoratori e, comunque, di segnalare tempestivamente al datore di lavoro e al dirigente le non conformità rilevate.
Accanto a ciò è stabilito l’obbligo di aggiornamento della formazione con cadenza biennale dei preposti (in precedenza era quinquennale) ovvero nei casi di evoluzione dei rischi o di nuovi rischi. Gli eventi formativi devono essere svolti in presenza. Infine è prevista la possibilità, come giusto riconoscimento del ruolo in ambito prevenzionistico, di definire emolumenti per i preposti nei nuovi contratti collettivi di lavoro.
Lavoratori autonomi occasionali
Singolare è la figura del lavoratore autonomo occasionale. Costui, secondo la Nota del Ministero del Lavoro e dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro 29/2022, è un lavoratore inquadrabile nella definizione contenuta all’art. 2222 c.c.3 e sottoposto, in ragione dell’occasionalità dell’attività, al regime fiscale di cui all’art. 67, comma 1 lett. l), del D.P.R. n. 917/1986 (vedi box 1). In sostanza si tratta di lavoratori autonomi non in possesso di partita IVA. Riguardo a questa figura lavorativa è stabilito che
“con riferimento all’attività dei lavoratori autonomi occasionali, al fine di svolgere attività di monitoraggio e di contrastare forme elusive nell’utilizzo di tale tipologia contrattuale, l’avvio dell’attività dei suddetti lavoratori è oggetto di preventiva comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio, da parte del committente, mediante SMS o posta elettronica”.
Al momento si può utilizzare soltanto la posta elettronica per perfezionare la comunicazione in questione. Secondo la citata Nota del Ministero del Lavoro e dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro 29/2022 l’obbligo di comunicazione riguarda soltanto i committenti che operano in qualità di imprenditori, con esclusione di talune fattispecie di lavoro occasionale. I dati da comunicare (sempre secondo la Nota Ministero del Lavoro e INL 29/2022) sono:
dati del committente e del prestatore;
luogo della prestazione;
sintetica descrizione dell’attività;
data inizio e presumibile durata.
La disposizione sembra interessante, ma al momento non applicabile al cantiere. Sarebbe opportuno estendere l’obbligo della comunicazione ad ogni tipologia di lavoro autonomo. Ciò consentirebbe di eliminare le forme di lavoro autonomo irregolare, molto diffuse nei cantieri.
Sospensione dell’attività d’impresa
Come si diceva in premessa, il provvedimento amministrativo della sospensione dell’attività imprenditoriale, aggiuntivo all’atto di prescrizione per violazioni alle norme di salute e sicurezza nel lavoro, è stato riformulato con l’obiettivo di renderlo più efficace. Oggi la sospensione è prevista nei casi:
di contrasto del lavoro irregolare, quando si riscontra che almeno il 10 per cento dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro (per esempio nel cantiere) risulti occupato, al momento dell’accesso ispettivo, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro ovvero inquadrati come lavoratori autonomi occasionali in assenza delle condizioni richieste dalla normativa;
in caso di gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro di cui all’Allegato I.
Allegato I – Gravi violazioni che comportano la sospensione imprenditoriale
Si noterà che buona parte dei casi di gravi violazioni di cui all’allegato I del D.Lgs. 81/08 trova applicazione ai cantieri temporanei o mobili. Il provvedimento di sospensione è adottato in relazione alla parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni o, alternativamente, dell’attività lavorativa prestata dai lavoratori interessati dalle violazioni di cui ai numeri 3 e 6 dell’Allegato I. Unitamente al provvedimento di sospensione, l’Ispettorato nazionale del lavoro può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro. Gli effetti della sospensione possono essere fatti decorrere dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell’attività lavorativa in corso che non può essere interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute. Per tutto il periodo di sospensione è fatto divieto all’impresa di contrattare con la pubblica amministrazione e con le stazioni appaltanti, come definite dal codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. A tal fine, il provvedimento di sospensione è comunicato all’ANAC e al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. Il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di sospensione è punito con l’arresto fino a sei mesi nelle ipotesidi sospensione per le violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare.
Formazione e addestramento
La formazione dei datori di lavoro, di nuova istituzione, dei dirigenti e dei preposti, secondo il nuovo comma 7 dell’art. 37, del D.Lgs. 81/08, sarà riformulata nell’ambito della Conferenza permanente Stato Regioni, mediante l’adozione di un nuovo accordo, da adottare, ma il termine sembra essere più ordinatorio che perentorio, entro il 30/06/2022. Pertanto, la formazione dei datori di lavoro e l’aggiornamento biennale dei preposti non può essere avviata se non dopo l’approvazione dell’accordo. L’obbligo, invece, di tracciabilità dell’addestramento dei lavoratori (art. 37, c. 5, del D.Lgs. 81/08), nei casi previsti dalla legge, è già operativo a partire dal 21 dicembre 2021. È specificato che l’addestramento debba essere effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro con prova pratica per l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi − anche di protezione individuale − oltre a esercitazione applicata per le procedure di lavoro in sicurezza.
Ispettorato nazionale del lavoro e Aziende sanitarie locali
L’Ispettorato nazionale del lavoro, per il tramite delle sedi territoriali, potenzia il suo raggio d’azione, in quanto è chiamato a esplicare poteri ispettivi nella verifica dell’applicazione della legislazione di salute e sicurezza sul lavoro in ogni settore lavorativo, mentre in precedenza era competente solo per i cantieri. Contemporaneamente, sono confermate le competenze in materia di vigilanza sull’applicazione della legislazione di salute e sicurezza da parte delle Aziende sanitarie locali, inclusi i poteri di sospensione dell’attività imprenditoriale di cui all’art. 14 del D.Lgs. 81/08.
La sensazione è che si punti essenzialmente e nuovamente sull’inasprimento del sistema repressivo, senza prevedere misure di premialità a favore delle imprese virtuose.
Organismi paritetici
Con le nuove norme sembra si voglia fare ordine nel sistema della bilateralità delle associazioni imprenditoriali e dei sindacati. Infatti, si istituisce un repertorio degli organismi paritetici, previa definizione dei criteri identificativi,
sentite le associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale per il settore di appartenenza, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge 215/2021.
Gli organismi paritetici saranno tenuti, annualmente, a comunicare, all’Ispettorato nazionale del lavoro e all’INAIL i dati relativi:
alle imprese che hanno aderito al sistema degli organismi paritetici e a quelle che hanno svolto l’attività di formazione organizzata dagli stessi organismi;
ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali;
al rilascio delle asseverazioni di cui al comma 3- bis dell’art. 51 del D.Lgs. 81/08.
Conclusioni
L’escalation del fenomeno infortunistico, specie degli infortuni gravi e mortali, ha indotto il legislatore all’adozione di provvedimenti di varia tipologia, in parte a spinta innovativa, come l’introduzione dell’obbligo della formazione iniziale e periodica dei datori di lavoro. Nel complesso, però, si ha la sensazione che la ricetta è quella solita, come richiesto a gran voce dall’opinione pubblica, cioè quella di puntare soprattutto su un più stringente regime repressivo, come si rileva dalla riformulazione dei casi di sospensione dell’attività imprenditoriale e del potenziamento del sistema di vigilanza. Forse si è persa un’altra volta l’occasione per vedere le cose sotto un altro punto di vista, quello della premialità. Ciò nel settore delle costruzioni si concretizza nel riconoscere il merito alle cosiddette imprese virtuose e nel non sottoporle a sistemi concorrenziali sleali, che finiscono per demotivare gli investimenti nel versante della salute e della sicurezza dei lavoratori.
Fonte: Articolo a cura di Ing. Giuseppe Semeraroepc.it
Nel mese di dicembre 2021 è stata emanata, la sesta edizione della norma UNI 9795/2021 che recita: “nuovi criteri per la progettazione, l’installazione e l’esercizio dei sistemi fissi automatici di rivelazione e di segnalazione allarme d’incendio”. Il nuovo testo contiene diverse novità rispetto alla precedente versione (edizione ottobre 2013); infatti sono molti e importanti gli aggiornamenti introdotti, dovuti necessariamente ad un dinamico sviluppo sia tecnologico che normativo in questo specifico settore. La finalità del presente articolo è quella di analizzare ed esporre alcuni aspetti specifici che la nuova norma UNI 9795/2021 fornisce al progettista nell’ambito della progettazione antincendio adottando le soluzioni adeguate alla tipicità dell’attività oggetto di realizzazione.
Un sistema di rivelazione efficace di un principio d’incendio, mediante l’ausilio di dispositivi di allarme ottico o acustico maggiormente performanti, permette di ridurre drasticamente i tempi di intervento consentendo di operare già nella fase iniziale in cui esso si manifesta prima che questo possa diventare di grandi proporzioni e quindi difficilmente controllabile. A tale riguardo è stata emanata la norma UNI 9795:2021 dal titolo: “Sistemi fissi automatici di rivelazione e di segnalazione allarme d’incendio – Progettazione, installazione ed esercizio”; sostituendo la UNI 9795:2013.
La norma UNI 9795:2021: “Sistemi fissi automatici di rivelazione e di segnalazione allarme d’incendio”
Questo nuovo testo normativo stabilisce i criteri per la progettazione, l’installazione e l’esercizio dei sistemi fissi automatici di rivelazione e di segnalazione allarme d’incendio. La norma UNI 9795:2021 si applica ai sistemi fissi automatici di:
Rilevazione;
Segnalazione manuale;
Allarme d’incendio.
collegati o meno ad impianti di estinzione o ad altro sistema di protezione, di nuova progettazione. La norma può essere utilizzata per tutti i casi di in stallazione di sistemi di rivelazione e allarme incendio. Questo provvedimento normativo rientra in un quadro più ampio delle norme di settore come ad esempio la serie UNI EN 54 e la UNI 11224.
Descrizione dei principali aspetti maggiormente significativi
Organizzazione di sistema
Sotto il profilo dell’impostazione di sistema, è stato previsto il nuovo schema della norma UNI EN54-1: nel blocco “Funzione di Comando per Segnalazioni” la centrale di rivelazione incendio viene posta allo stesso livello della centrale di evacuazione EVAC, anche se le funzioni di comando risultino differenti.
Progettazione
La norma presenta novità nell’ambito della progettazione, in particolare per le aree di sorveglianza tenute sotto controllo dal sistema di rivelazione. In alcuni casi specifici, gli spazi nascosti (controsoffitti e sottopavimenti) possono essere privi di protezione nel caso in cui ci siano specifiche peculiarità costruttive e contengano al loro interno solo cavi per sistemi di emergenza. Inoltre si specifica che per i controsoffitti e sottopavimenti è stata modificata l’altezza di riferimento che è passata da 1mt a 1,5mt, uniformandosi alle indicazioni vigenti in altri paesi UE.
Rivelatori puntiformi di calore
Per la parte della norma che tratta i rivelatori puntiformi di calore è stato previsto l’inserimento di nuove tabelle con la classificazione dei sensori e la loro distribuzione in relazione all’altezza del locale. Per alcune classi di rivelatori, l’applicazione è prevista solo per la protezione ad oggetto (es. quelli che presentano una temperatura di intervento elevata).
Rivelatori puntiformi di fumo
Ci sono novità per quanto riguarda la trattazione relativa ai rivelatori puntiformi di fumo, con diversi esempi per i soffitti inclinati e “a shed”. Inoltre vengono riportati i parametri utili per la protezione nel caso risultino presenti velette nei locali e istruzioni attinenti i controsoffitti grigliati.
Rivelatori lineari di fumo
Per i rivelatori lineari di fumo, sono riportate maggiori informazioni e immagini di esempio per il posizionamento dei dispositivi nelle diverse conformazioni dei soffitti: piani, inclinati, a shed, a cupola ecc..
Rivelatori di calore di tipo lineare
Per quanto riguarda i rivelatori di calore di tipo lineare (denominati anche “cavi termosensibili”) sono state ridefinite le tecnologie e aggiunte le tabelle con i criteri di scelta in funzione della classe/ temperatura e dell’altezza del locale protetto. Anche in questa parte della trattazione è riportata una nuova figura sulla copertura e sul posizionamento di questa tipologia di rivelatori.
Rivelatori di fumo ad aspirazione
Per tali dispositivi è meritevole evidenziare l’inserimento dei due rapporti tecnici pubblicati in precedenza, UNI/TR 11694:2017, relativo ai rivelatori di fumo ad aspirazione (ASD), e UNI/TR 11607:2015, relativo ai dispositivi di segnalazione ottica/acustica. Nella parte che tratta il dimensionamento dei rivelatori di fumo ad aspirazione (ASD), viene specificato il termine di “zona di protezione” (non viene considerato il guasto ventola o CPU o alimentazione), per tale motivo in ciascuna zona di allarme si dovrà prevedere un rivelatore ASD che abbia tali specificità. Inoltre è stata aggiornata la tabella sulla classe di sensibilità del rivelatore e sull’altezza del locale da proteggere. Tale aggiornamento consente di poter impiegare i rivelatori ASD in locali particolarmente alti (fino a 20mt) purché siano configurati in classe A e validati con prova reale di fumo. Infine in analogia a quanto già contenuto nell’ UNI/TR 11694, sono state inserite diverse figure dimostrative utili all’impiego di tali sistemi.
Dispositivi locali di segnalazione ottica e acustica
Sono stati introdotti diversi aggiornamenti per quanto riguarda la trattazione dei dispositivi locali di segnalazione ottica e acustica, similarmente a quanto previsto con i rivelatori ASD. Tra i vari aggiornamenti, a titolo di esempio, è stato avvalorato il concetto di “dispositivo primario di segnalazione dell’allarme”, che deve essere definito dal progettista e può essere di tipo acustico, ottico VAD oppure ottico/acustico. Nella trattazione di tale argomento sono state inserite una tabella di riferimento sul livello di rumore ambientale tipico e una tabella esaustiva su come l’illuminazione del locale possa migliorare o peggiorare la copertura luminosa di un dispositivo ottico VAD, cambiandone anche notevolmente le prestazioni dichiarate dal fabbricante.
Sistema vocale EVAC
Nella norma viene consigliato di conformare il tono acustico di allarme e preallarme alle indicazioni della norma UNI 11744. Qualora sia presente un sistema vocale EVAC, la norma prescrive che le segnalazioni acustiche debbano essere “silenziate” per non interferire negativamente sui parametri di intelligibilità richiesti per il sistema vocale di emergenza. Nel caso in cui la centrale non risulti sotto costante controllo da parte del personale addetto, deve essere previsto un sistema di trasmissione verso un centro di ricezione degli allarmi. Questa connessione deve prevedere l’utilizzo di un dispositivo UNI EN54-21 interconnesso ad una stazione ricevente conforme alla UNI CEI EN50518.
Apparecchiatura di alimentazione
L’apparecchiatura di alimentazione è un dispositivo di ausilio al sistema fisso automatico di rivelazione e di segnalazione allarme incendio che fornisce alimentazione alla centrale di controllo e segnalazione e/o ad altri apparati, inclusi quelli alimentati direttamente dalla centrale. L’apparecchiatura di alimentazione può essere:
di tipo integrato, nel caso in cui risulti all’interno ad altri dispositivi come ad esempio la centrale e non sia possibile per il fabbricante specificare il campo della tensione di uscita dell’apparecchiatura di alimentazione e di ingresso al dispositivo (oppure i campi, qualora siano maggiori di uno) e la cui sostituzione o riparazione richiede la sostituzione parziale o totale del dispositivo;
di tipo non integrato, qualora non si verifichino le condizioni che classifichino l’apparecchiatura di alimentazione come integrata nel dispositivo.
Centrale di controllo
La centrale di controllo e segnalazione è descritta, nel testo normativo, come elemento integrato ad un sistema fisso automatico di rivelazione e di segnalazione allarme d’incendio, mediante il quale gli altri componenti del sistema possono essere alimentati. La centrale di controllo effettua le seguenti funzioni essenziali:
riceve le segnalazioni dai rivelatori e/o dai punti di segnalazione manuale ad essa collegati;
elabora tali segnalazioni al fine di generare un’eventuale condizione di allarme incendio;
indica la condizione di allarme incendio in modo acustico e luminoso;
in relazione alla specificità del sistema, trasmette la condizione di allarme incendio ai dispositivi di segnalazione acustica e luminosa, alla centrale di controllo e segnalazione per i sistemi di allarme vocale, al dispositivo di trasmissione verso una centrale di ricezione remota, ai sistemi di protezione contro l’incendio (es. impianto di estinzione automatica), ai pannelli ripetitori e/o ad altri sistemi ausiliari (es. i sistemi di supervisione grafica);
segnala l’origine del pericolo ad esempio: attraverso l’identificazione del dispositivo in allarme interno alla zona oggetto della situazione di criticità
esegue il monitoraggio del regolare funzionamento del sistema e genera una segnalazione acustica e luminosa di guasto in caso di corto circuito, interruzione di linea, guasto di un dispositivo, guasto di alimentazione, ecc.;
in caso di necessità, trasmette funzioni sussidiarie al sistema di visualizzazione grafica e la condizione di guasto al dispositivo di trasmissione verso una centrale remota di ricezione.
Nel caso in cui la centrale non sia sotto costante controllo del personale addetto, va previsto un sistema di trasmissione verso un centro di ricezione degli allarmi
Conclusioni
I contenuti riportati nel nuovo testo normativo evidenziano rilevanti innovazioni in linea con i contenuti tecnici posti in essere e utilizzati in altri paesi. La nuova versione della norma contempla una considerevole quantità di informazioni utili e indispensabili per i progettisti.
Fonte: Articolo a cura di Ing. Corrado Romano, Comandante Vigili del fuoco Cuneoepc.it
Entrerà in vigore il 25 settembre 2022 il Decreto 1° settembre 2021 che stabilisce i criteri per il controllo, la manutenzione e la sorveglianza di impianti, attrezzature e altri sistemi di sicurezza antincendio.
In particolare, manutenzione e controlli periodici dovranno essere affidati a tecnici manutentori qualificati, nel rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti, secondo la regola dell’arte e in accordo a norme e sistema di sicurezza antincendio, mentre la sorveglianza (insieme di controlli visivi, atti a verificare la fruibilità e l’assenza di evidenti danni materiali, di impianti, attrezzature e altri sistemi antincendio) potrà essere effettuata da lavoratori, purché abbiano ricevuto adeguate istruzioni.
Il datore di lavoro inoltre sarà tenuto a predisporre un registro, in cui si annoteranno i controlli e gli interventi di manutenzione su impianti, attrezzature e altri sistemi antincendio, e delle liste di controllo per eseguire con regolarità la sorveglianza su impianti, attrezzature e altri sistemi antincendio, ad opera di lavoratori normalmente presenti in Azienda ed adeguatamente istruiti.
In conclusione il Decreto 01/09/2021 stabilisce compiti, abilità e competenze del manutentore qualificato, che deve essere adeguatamente formato ed aver ottenuto la “qualifica”, rilasciata dal Corpo Nazionale dei VVF, a seguito di valutazione positiva.
All’entrata in vigore del DM 01/09/2021 sono abrogati l’art. 3, comma 1, lettera e), l’art. 4 e l’Allegato VI del DM 10/03/1998.
L’ormai inarrestabile diffusione esponenziale dell’utilizzo di batterie agli ioni di litio in vari settori tecnologici di avanguardia (dai computer ai robot, dalle macchine elettriche a quelle ibride, ecc.) e la conseguente variazione delle valutazioni di rischio d’incendio derivanti da questa nuova tipologia di batterie, con un crescente numero di incendi causati, ha indotto il Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco ad affrontare il tema con lo studio approfondito del fenomeno “incendi derivanti dall’utilizzo di batterie agli ioni di litio”, unitamente ad altre istituzioni quali ENEA ed Università di Roma “La Sapienza”, elaborando una linea guida ad hoc.
Da quando esiste l’uomo, il fuoco è sempre stato l’elemento che ha, di fatto, consentito il progresso e l’evoluzione dell’umanità stessa. Il fuoco è la risultante di molte reazioni chimiche esotermiche che governano gran parte dei processi industriali produttivi ed è anche la risultante delle combustioni necessarie a produrre ed immagazzinare l’energia necessaria, oggi più che mai, per accompagnare il rapido e tumultuoso progresso tecnologico del quale siamo tutti testimoni in questi ultimi decenni. L’uomo ha dovuto imparare a “governare” gran parte di quei processi di combustione che consentono la produzione e l’immagazzinamento dell’energia indispensabile per la vita della civiltà moderna. Ma non sempre, per l’uomo, è possibile prevedere e prevenire alcune degenerazioni conseguenti alle trasformazioni di energia, trasformazioni che finiscono sempre nel produrre calore, che è la forma più degradata che accompagna le trasformazioni di energia predette. “Calore” significa “temperatura” e “temperatura”, in presenza di sostanze combustibili (in natura tutto è combustibile) e di comburente (l’ossigeno contenuto nell’aria) provoca sovente le condizioni affinché si sviluppi un incendio. Questa premessa è per dire che l’uomo non può fare a meno del fuoco e di chi interviene per estinguerlo quando il fuoco si sviluppa in condizioni ed in ambienti non facilmente gestibili per l’uomo stesso, tenuto conto che il progresso tecnologico propone sempre nuove combinazioni di processi chimico-fisici che comportano la necessità di nuove conoscenze anche nel mondo dell’estinzione degli incendi.
Gli accumulatori costituiti da batterie agli ioni di litio
Tutto questo preambolo è necessario per introdurre una nuova realtà che sta rapidamente emergendo nel mondo dell’estinzione degli incendi ed è la realtà conseguente all’ormai massiccio uso di accumulatori costituiti da batterie agli ioni di litio. Tale uso, ormai largamente diffuso, e la conseguente crescita esponenziale di incendi causati da questa tipologia di batterie agli ioni di litio, soprattutto nella fase di ricarica, ha indotto il Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco, in sinergia con altre istituzioni competenti nel settore della ricerca, ad attivare una serie di studi finalizzati ad esaminare ed approfondire tale tipologia di utilizzo e, soprattutto, ad individuare efficaci sistemi di prevenzione e di estinzione per gli eventuali fenomeni degenerativi collegati ai procedimenti chimico-fisici che caratterizzano i sistemi di accumulazione di energia a base di ioni di litio. Basterebbe consultare le recenti statistiche sulle varie tipologie di incendi, anche interrogando semplicemente il sito ufficiale dei Vigili del fuoco (www.vigilfuoco.it), per scoprire che la frequenza e la gravità di eventi di incendio, causati dalle batterie agli ioni di litio, soprattutto in fase di ricarica, è talmente elevata da rappresentare una vera e propria emergenza nazionale, al punto tale di avere già indotto il Ministero dell’Interno/Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco ad emanare un Decreto (Il Decreto del Capo del Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco, ing. Dattilo, n. 34 del 29 gennaio 2019) con il quale si istituisce un Gruppo di Lavoro (GdL) per la “Valutazione dei rischi connessi con lo stoccaggio dei sistemi di accumulo innovativi (batterie agli ioni di litio, polimeri di litio, litio metallico, ecc.) e predisposizione di specifiche misure di prevenzione, protezione e gestionali per il contrasto del rischio d’incendio ed esplosione che può interessare il medesimo stoccaggio”; il GdL, coordinato da un Dirigente del Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco, e del quale hanno fatto parte, tra gli altri, alcuni ricercatori dell’ENEA e docenti dell’Università di Roma “La Sapienza”, ha elaborato uno studio/linea guida, di ben 586 pagine, suddiviso in 7 capitoli, uno dei quali si occupa proprio dell’ampia casistica incidentale disponibile a livello internazionale. (https://www.vigilfuoco.it/allegati/biblioteca/RischiConnessiConLoStoccaggioDiSistemiDiAccumuloLitio-Ione.pdf).
La ricerca di soluzioni adeguate per la prevenzione e lo spegnimento
La più che ricca casistica di incendi ed esplosioni causati dagli “accumulatori litio-ione”, di cui si è già occupata anche la letteratura specialistica internazionale, ha fatto sì che molti operatori del settore antincendio si siano attivati per trovare soluzioni adeguate sia nelle prevenzione che nello spegnimento degli incendi, sempre più diffusi, causati dagli accumulatori litio-ione, la cui diffusione, si ripete, ha raggiunto livelli imprevedibili, visto il largo uso che ormai se ne fa in tutti i luoghi di lavoro e nelle abitazioni domestiche, oltre che nelle vetture ibride ed a trazione elettrica.
Il dispositivo PTC
Sarebbe interessante, ma in questa sede non è possibile, approfondire proprio l’evoluzione tecnologica che è avvenuta a partire da quando, nel 1991, la Sony immise nel mercato le prime batterie a ioni di litio con catodo in cobaltite, determinando, di fatto, una rivoluzione dell’elettronica di consumo, ma non si può, tuttavia, non sottolineare come, ancor oggi, gli attuali accumulatori agli ioni di litio presentino alcuni punti deboli che, oggi, sono tenuti sotto controllo dai sistemi elettronici di gestione e controllo (cosiddetti BMS), dai dispositivi di sicurezza presenti a bordo cella (come il CID-Current Interruction Device oppure il PTC-Positive Temperature Coefficient expansion device) e dal dispositivo di venting: si evidenzia che, nelle apparecchiature di vecchia fabbricazione (robot, computer, ecc.), non era ancora presente il dispositivo PTC sopra indicato, reso oggi obbligatorio (viene esplicitamente richiesto dalla normativa ai produttori che utilizzano accumulatori agli ioni di litio): questo per sottolineare che la criticità di un sistema di accumulatori litio-ione, senza il dispositivo PTC, è elevatissima e può essere, probabilisticamente parlando, la causa originaria di molti incendi…..tant’è che se ne sono occupati sia i Vigili del fuoco che i ricercatori dell’ENEA e l’Università di Roma “La Sapienza”.
La criticità di un sistema di accumulatori litio-ione, senza il dispositivo PTC, è elevatissima e può essere, probabilisticamente parlando, la causa originaria di molti incendi.
Lo studio del CNVVF, con la collaborazione di ENEA e Università degli Studi di Roma
Lo studio/linea guida, svolto dal Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco con la collaborazione di ENEA e Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, supportato da sperimentazioni eseguite presso il Centro di Ricerche Casaccia (Roma) ha riguardato proprio le criticità sopra indicate; in sostanza, le batterie a ioni di litio vengono immesse in commercio corredate di specifiche tecniche nelle quali il produttore definisce, tra l’altro, la cosiddetta finestra operativa, ovvero il campo di temperature (T) e tensione (V) all’interno del quale si può operare in sicurezza; all’esterno di questo campo si entra in quello delle condizioni di “abuso” ( termico, elettrico e meccanico) che possono evolvere in tre tipologie di eventi indesiderati e cioè il rigonfiamento della cella (swelling), l’emissione di gas e vapori dal dispositivo di sfogo (venting) e l’innesco di reazioni auto catalitiche (thermal runaway) con rapido aumento della temperatura e della pressione per formazione di composti a basso peso molecolare, tra i quali CO e H2, con conseguente incendio o esplosione (in analisi del rischio si definisce “worst case”).
La rigorosa comparazione tecnicoscientifica tra le proposte di estinguenti
In conseguenza di tutto quanto sopra rappresentato, il mondo dell’antincendio si è attivato per trovare soluzioni idonee ed efficaci finalizzate a fronteggiare lo sviluppo di incendi causati dall’utilizzo di batterie agli ioni di litio, tenendo conto che tutti gli estinguenti tradizionali (acqua, biossido di carbonio, polvere, schiuma) non sembrano risultare efficaci su tali tipologie di incendi. Del resto, è del tutto evidente che un incendio che interessa gli ioni di litio, non è catalogabile nelle classi di fuoco tradizionali e neanche nella classe “D” (fuoco di metalli), poiché gli ioni di litio, sono “ioni” e non metallo: è quindi partita la “corsa” della ricerca ad individuare, provare e sperimentare nuove tipologie di estinguenti, specifiche per questa nuova frontiera degli incendi. In questa fase, bisognerà essere molto attenti e rigorosi nello sperimentare la reale efficacia dei nuovi estinguenti su scenari di incendio realmente ipotizzabili e ripetibili in prove su scala reale da predisporre ed effettuare in campi prove affidabili e credibili, auspicabilmente con la supervisione del Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco. Sarà indispensabile predisporre e verificare una rigorosa comparazione tecnico-scientifica tra le varie proposte di estinguenti che, inevitabilmente, saranno presentati dai produttori del settore, nella legittima aspirazione di ricavarsi ed accaparrarsi una parte di questa nuova frontiera dell’antincendio. È auspicabile che il Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco, dopo aver approfondito la tematica con lo studio svolto in collaborazione con Enea ed Università di Roma “La Sapienza”, di cui sopra, coordini e diriga la fase sperimentale necessaria ad individuare la reale efficacia dei nuovi estinguenti che già vengono proposti dall’industria di settore, anche al fine di evitare la proliferazione di soluzioni palliative ed inefficaci che sempre caratterizzano le fasi iniziali delle nuove ricerche specifiche di settore.
La presenza nel mercato dell’antincendio di prodotti scadenti, pericolosi e, spesso, non conformi ai prototipi omologati.
Nonostante il Ministero dell’Interno, attraverso il Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco, abbia recentemente emanato una serie di Decreti Interministeriali per rendere qualitativamente migliore tutto il settore della sicurezza antincendio, permane tuttavia, nel mercato, la presenza di prodotti, soprattutto nel campo degli estintori portatili d’incendio, che risultano palesemente non conformi ai prototipi omologati dal Ministero dell’Interno e, pertanto, illegalmente immessi in commercio. Se non fosse che l’argomento resta di vitale importanza per la sicurezza di tutti i cittadini, partendo dagli operatori del settore per finire ai singoli utenti finali, potremmo dire che è un problema relativo solo ad una parte del mercato della sicurezza antincendio, ma non è così! Il Ministero dell’interno, ben consapevole del rischio che possano essere introdotti nel mercato prodotti scadenti e pericolosi, ha istituito, da decenni, la procedura di “omologazione” di tali prodotti, stabilendo che i produttori di tali apparecchiature possano immettere nel mercato solo apparecchiature dichiarate “conformi” ai prototipi omologati dallo stesso Ministero dell’Interno, prevedendo sanzioni amministrative che, comunque, non escludono le responsabilità penali a carico di chi immette nel mercato prodotti illegali, con tutte le conseguenze facilmente immaginabili, che vanno dal ritiro dei prodotti, alla sospensione/ ritiro dell’omologazione, per finire alle denunce penali afferenti l’immissione nel mercato di prodotti illegali. Tuttavia, nonostante quanto sopra rappresentato, persiste nel mercato dell’antincendio la circolazione di prodotti illegali, volutamente immessi da operatori che, fidando sulla scarsezza dei controlli specifici nel settore, riescono ancor oggi ad operare indisturbati, ostacolando la diffusione dei prodotti conformi ai prototipi omologati, per gli evidenti vantaggi economici dovuti al minor costo dei prodotti illegali rispetto a quelli legalmente autorizzati.
Sembra un circolo vizioso senza fine, se non fosse che il Ministero dell’Interno, attraverso l’emanazione del Decreto Interministeriale 1° settembre 2021 (pubblicato sulla G.U. del 25/09/2021), cosiddetto “Decreto controlli”, ha posto le basi di una vera e propria rivoluzione del settore, istituendo persino la figura del “Tecnico Manutentore Qualificato” che, una volta formato e qualificato, sarà anche in grado di riconoscere prodotti illegali rispetto a quelli legalmente autorizzati. La formazione specifica di ispettori Parallelamente il Ministero dell’Interno, attraverso il Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco, sta predisponendo la formazione specifica di ispettori che dovranno controllare il SGSA (Sistema di Gestione della Sicurezza Antincendio) di tutte le attività lavorative e che saranno in grado di intervenire efficacemente nel rilevare anomalie e violazioni delle apparecchiature antincendio poste a tutela dell’incolumità di tutti i cittadini, siano essi lavoratori e/o semplici utenti. Certamente ci saranno tempi di attuazione di questa “rivoluzione”, spalmati nell’arco di qualche anno, ma il meccanismo si è ormai messo in moto e ci si augura che presto si possano vedere i primi risultati. Del resto, l’Associazione M.A.I.A., che ha tra i suoi compiti statutari anche quello della moralizzazione dell’intero mercato della sicurezza e della manutenzione dei presidi antincendio, non può rimanere inerme e passiva di fronte alle continue segnalazioni, che provengono da vari operatori del settore in merito alla presenza di prodotti illegali che non rispettano le normative vigenti, e non solo nel settore delle apparecchiature portatili d’incendio.
La “vigilanza” di M.A.I.A. nel mercato dei prodotti antincendio Pertanto, per quanto di competenza di un’associazione di categoria, la nostra associazione M.A.I.A., ha assunto la decisione di attivare una concreta “vigilanza” nel mercato dei prodotti antincendio, richiedendo formalmente al Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco di poter visionare le omologazioni attualmente rilasciate e valide, utilizzando la Legge 241/90, per poter accedere agli atti e verificare la rispondenza dei prodotti, segnalati come “sospetti”, ai fascicoli tecnici che sono alla base del rilascio delle predette omologazioni: tale iniziativa è ormai diventata urgente e indifferibile ed è motivata anche dall’intensificarsi del numero di incidenti sul lavoro relativamente alle operazioni di manutenzione delle apparecchiature portatili di estinzione, situazione che sta destando molta preoccupazione tra i Tecnici Manutentori addetti ai lavori, richiamando, ancora una volta, l’attenzione dell’Associazione su tale preoccupante fenomeno e spingendola, quindi, a verificare la qualità dei prodotti che vengono immessi nel mercato dell’antincendio. Si deve segnalare che, soprattutto nel campo delle attrezzature mobili di estinzione, i produttori italiani “veri”, cioè coloro che “producono” in Italia, sono ormai pochissimi, ma ciò non significherebbe nulla in materia di sicurezza, se non fosse che, praticamente, risulta impossibile controllare la qualità dei prodotti, in particolare quelli provenienti dall’estero, vanificando le dovute garanzie di sicurezza al mercato (sia per i tecnici manutentori che per gli operatori del settore ed utenti).
In realtà, molti “sedicenti” produttori, altro non sono che degli importatori che si occupano della distribuzione nel mercato italiano di prodotti provenienti da altri paesi, anche se ciò non elimina la loro responsabilità afferente alla sicurezza dei prodotti stessi che, secondo la legislazione vigente, deve essere garantita dai “commercializzatori” degli stessi, equiparati ai produttori. Tuttavia, l’assenza di controlli efficaci sui prodotti immessi nel mercato ha fatto sì che ci sia stata una deriva generalizzata, con la corsa verso prodotti sempre meno costosi che, come ovviamente avviene sempre, significa prodotti sempre più scadenti e di scarsa qualità. Solo che, in questo caso, trattandosi comunque di apparecchiature in pressione, il tutto ha comportato e significato “ridurre e violare” gli standards tecnici minimi di sicurezza e di garanzia di molti prodotti immessi in maniera sconsiderata sul mercato italiano. L’Associazione, già a suo tempo, alcuni anni or sono, non era rimasta a guardare, ma aveva acquistato, sul mercato, estintori di varie marche, prodotti in Italia e non, e li aveva letteralmente vivisezionati, presso uno dei propri Centri di Formazione dotato di tutte le attrezzature necessarie, per verificare lo stato di rispondenza dei prodotti alla normativa vigente. Ebbene, già allora, era risultata una situazione molto preoccupante, poiché ci si trovava di fronte ad una sistematica e diffusa presenza di violazioni delle più elementari regole che caratterizzano il mondo degli estintori, con inevitabili ricadute sulla qualità e sulla sicurezza dei prodotti che, in molti casi, sono diventati persino pericolosi per chi li utilizza e/o li deve manutenere, con particolare riferimento alle caratteristiche costruttive dei prodotti stessi. Le verifiche di M.A.I.A. sui prodotti acquistati Per essere più espliciti, dalla puntuale verifica dei prodotti plurimarche acquistatati dall’Associazione nel mercato, è emerso quanto segue:
Le aziende di manutenzione devono avere le necessarie competenze tecniche e conoscere i processi di produzione, le materie prime utilizzate e i prodotti finiti che garantiscono al mercato i livelli di qualità e di affidabilità richiesti dalla normativa vigente.
1) nel 20% degli estintori esaminati, lo spessore della lamiera, che costituisce il mantello del serbatoio, non rientra nei minimi previsti dagli standards di sicurezza per quella tipologia di estintore (i calcoli che legano gli spessori del serbatoio alla pressione interna sono ben noti agli addetti ai lavori); trattandosi di apparecchiature a pressione, è evidente il rischio per chi deve utilizzare e/o manutenere tale prodotto;
2) il pescante, in molti casi, risulta completamente staccato e, in altri casi, risulta di lunghezza inferiore al dovuto o deformato, con inevitabili conseguenze sul mancato funzionamento dell’estintore, nel primo caso, o sul ridotto funzionamento dello stesso, nel secondo caso, non potendo consentire la fuoriuscita di tutto l’agente estinguente; trattasi di pescanti realizzati in plastica e non in alluminio;
3) molti estintori non presentano il numero di matricola stampigliato sul serbatoio, come previsto dalle norme vigenti;
4) molti prodotti sono difformi da quelli indicati in catalogo;
5) esistono estintori che, seppur diversi tra loro per caratteristiche tecniche e dimensionali, hanno la stessa omologazione, il che è segno evidente che trattasi di prodotti non conformi al prototipo omologato;
6) in molti casi, le filettature presentano una geometria non conforme a quella della relativa valvola;
7) in alcuni casi, si sono trovate valvole difettose.
Questi sono solo alcuni degli aspetti rilevati dall’accurato esame che l’Associazione ha effettuato su alcuni prodotti acquistati sul mercato e, di conseguenza, tali verifiche debbono necessariamente essere portate a conoscenza dell’Organo di controllo (Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco), ancor prima di interessare la Magistratura che, in alcuni casi, è già intervenuta per incidenti sul lavoro riguardanti proprio la manutenzione degli estintori.
Conclusioni
Sta di fatto che l’Associazione si è fortemente preoccupata e si è attivata, con tutte le sue possibilità, per porre un argine a questa deriva pericolosa, coinvolgendo nelle proprie azioni di contrasto, anche i più importanti produttori italiani e segnalando comunque ai rappresentanti della Direzione Centrale per la Prevenzione e Sicurezza Tecnica del Dipartimento dei Vigili del fuoco, la gravità di tale situazione dovuta a quei soggetti che, senza alcuno scrupolo, ma ispirati dal solo interesse economico, hanno consentito l’immissione nel mercato italiano di prodotti molto scadenti e pericolosi, siano essi prodotti d’importazione che prodotti realizzati e/o assemblati in Italia. Si ribadisce che è diventato ormai urgente ed indifferibile che le aziende di manutenzione abbiano le opportune e dovute conoscenze tecniche e siano quindi in grado di conoscere quali siano i processi di produzione, quali siano le materie prime utilizzate e quali siano i prodotti finiti che garantiscono al mercato i livelli di qualità e di affidabilità richiesti dalla normativa vigente, per attuare scelte più consapevoli nell’individuare i prodotti da proporre alla propria clientela sulla base della qualità e delle garanzie di affidabilità e sicurezza che i prodotti scelti possono possedere. Questo è certamente uno dei compiti statutari più importanti dell’Associazione, cioè quello di far conoscere a tutti gli operatori quali siano i rischi che si nascondono dietro prodotti che, ancorché esteticamente presentabili, risultano intrinsecamente pericolosi per chi li utilizza e inaffidabili in caso di necessità.
Fonte: epc.it – Articolo dalla rivista “Antincendio” Novembre 2021 – a cura di Sandro Marinelli presidente associazione MAIA.
Con Riccardo Edelvigi e Nicola Rinaldi, soci di Mit Italy, conosciamo nel dettaglio il mondo della manutenzione industriale e dei sistemi antincendio
La sicurezza sul lavoro, per quanto riguarda la manutenzione accurata degli stabilimenti, è oggigiorno una priorità importantissima che può fare la differenza in termini di qualità e prevenzione. Mit Italy si occupa di questo e molto altro. «Mit Italy nasce nel 2015 dalla fusione di tre società che da anni si occupavano di assistenza, manutenzione su dispositivi antincendio e della fornitura di servizi nel settore della sicurezza sul lavoro e della prevenzione incendi – racconta l’amministratore Riccardo Edelvigi -. È specializzata nella gestione delle manutenzioni antincendio a livello nazionale per aziende multisede. Questa esperienza ci ha portano a creare We Mit, un network nazionale di aziende antincendio, che fornisce una vesta rosa di servizi su tutto il territorio. Siamo in grado di gestire manutenzione, ripristini e nuove installazioni di presidi e impianti antincendio come estintori, idranti, porte tagliafuoco, evacuatori fumo calore, impianti rilevazione fumi, serrande tagliafuoco, gruppi spinta, impianti sprinkler e impianti spegnimento gas. La rete è sorta per coprire nel mercato un’esigenza specifica in un settore particolare come quello delle manutenzioni dell’impiantistica e dei presidi antincendio, soggetto a normative cogenti in continua evoluzione, che richiedono una professionalità elevata a garanzia di beni e persone. La nostra lunga esperienza maturata, il continuo aggiornamento tecnologico e formativo sono sinonimo di solidità e competenza e ci permettono di presentarci ai nostri clienti come un partner affidabile per le manutenzioni e i collaudi di impianti antincendio».
Un lavoro comune e coordinato, per fare della sicurezza il focus imprescindibile. «La distribuzione capillare dei retisti di We Mit permette alla rete di imprese di intervenire in emergenza/reperibilità entro le sei/otto ore dalla chiamata e riduce i costi di trasferta per intervento. In ogni area, il network dispone delle competenze per risolvere tempestivamente anomalie e guasti per tutte le tipologie di impianto. Potendo contare su professionalità altamente qualificate, è in grado di gestire in tutta Italia le diverse fasi di manutenzione antincendio, siano esse ordinarie che straordinarie, per raggiungere l’obiettivo finale della piena soddisfazione del cliente». Oltre agli interventi tecnici, We Mit si occupa di gestire anche tutta la documentazione necessaria: «La rete adotta procedure di qualifica dei propri partner e svolge il servizio di raccolta e aggiornamento dei documenti richiesti dai nostri clienti per la conduzione dei contratti, come Durc, visura camerale, documenti per la sicurezza dei lavoratori, attestati di formazione. Vogliamo dare l’opportunità a chi gestisce la sicurezza o le manutenzioni in organizzazioni multisede, con presenza capillare nell’intero territorio nazionale, di avere un unico partner di riferimento nelle manutenzioni antincendio e un sistema software di gestione digitalizzato che ne permetta il controllo e faciliti la loro professione».
A supporto di questa centralizzazione, per l’appunto, c’è un sistema innovativo: «Hypermit è un software gestionale dalle numerose applicazioni. Sovente i nostri clienti sono costretti a gestire e archiviare documenti cartacei. Per le imprese multisede, l’archiviazione può avvenire localmente comportando rischi di smarrimento. Il sistema gestionale Hypermit permette un’attenta, puntuale e centralizzata archiviazione elettronica dei documenti di manutenzione abbattendo i costi connessi ai tradizionali sistemi di conservazione cartacea, facilitando le attività degli Rspp o addetti alla manutenzione e garantendo una miglior gestione delle anomalie. Riteniamo inoltre che il rispetto delle scadenze normative negli interventi di manutenzione programmata sia imprescindibile: pertanto Mit Italy, tramite il proprio software gestionale e attraverso il portale clienti, garantisce trasparenza nella visualizzazione del calendario e nelle tempistiche manutentive. Il software Hypermit, infatti, obbliga e registra il passaggio del manutentore su ogni singolo asset antincendio per mezzo della lettura del barcode a esso associato. La gestione centralizzata di Mit Italy si rivela così un utile strumento per aziende multisede, poiché la condivisione dei protocolli di manutenzione e l’utilizzo del software Hypermit tranquillizza gli Rspp o i responsabili delle manutenzioni sull’uniformità delle attività manutentive in tutto il territorio nazionale. Inoltre, il cliente avrà il personale Mit Italy come unico riferimento tecnico, organizzativo e commerciale».